Serie A

Roma, Monchi: “Puntiamo a costruire un nuovo modello economico”

Alcune mosse di mercato della Roma, hanno lasciato qualche perplessità tra i molti addetti ai lavori. Oggi però il direttore sportivo della squadra giallorossa Monchi nella lunga intervista rilasciata a Sport Illustrated, ha spiegato il suo modo di lavorare.

Si parte dal suo ruolo di direttore sportivo: “Sicuramente non è facile in poche parole, io mi occupo di tutto quello che riguarda la pianificazione sportiva della Roma, dall’allenatore alla filosofia del club, della vendita e dell’acquisto dei giocatori. È una figura importante“.

Un ruolo molto più utilizzato in Europa che nella sola Inghilterra: “Io ne identifico 3: presidenziale, quello inglese che ruota attorno alla figura dell’allenatore e quello misto, dove presidente, allenatore e ds coesistono. Questo è quello più bilanciato: il presidente decide il tipo di investimenti, l’allenatore valuta i profili interessanti e il ds cerca i giocatori. In Inghilterra prevale il modello del coach ma si stanno adattando a quello europeo, in Inghilterra oramai ci sono tanti allenatori stranieri”.

Numerosi i suoi successi con il Siviglia, prima di approdare alla Roma di Pallotta: “Ho pensato che, dopo 29 anni, fosse il momento giusto di cambiare. Volevo mettermi alla prova con qualcosa di nuovo, per capire se fossi capace di lavorare anche fuori casa. Molti pensano che abbia lasciato per soldi o per discussioni con il presidente, ma non è così. Avevo bisogno di nuove motivazioni”.

Tra le tante richieste, i giallorossi sono riusciti ad assicurarsi lo spagnolo: “Perché pensavo fosse il club che mi offrisse la possibilità di essere me stesso. È stato importante mantenere indipendenza e responsabilità, la possibilità di continuare a fare il mio lavoro. La Roma mi ha dato l’occasione di non cambiare la mia identità professionale e, dopo 16 mesi, posso confermarlo: è stata la scelta giusta“.

Il ds ha spiegato poi la gerarchia della Roma: “C’è una gerarchia simile a quella degli altri club: presidente, dg , ad etc. Il mio capo è Pallotta ma io posso lavorare in autonomia, tenendolo ovviamente aggiornato. Abbiamo una relazione ottima, così come con Baldissoni e Gandini. Assumere o esonerare allenatori è una mia competenza, perché dal tecnico dipende il progetto sportivo“.

Tanti i giocatori scovati negli anni, scegliendoli per una caratteristica: “Li scelgo secondo il talento. Non è una risposta originale, ma questo è un lavoro difficile. La verità è che bisogna avere una grande struttura di scouting, un’ottima strategia e una buona fonte di informazioni. Importanti sono anche i dati”.

Alla Roma Monchi lavora con il suo team e i suoi dati: “Adesso siamo una squadra di 15 scouts, ognuno lavora su un certo tipo di dati e li inserisce poi nella banca dati dalla quale decidiamo che giocatori monitorare e quali smettere di seguire. Non tutti lavorano a Roma, siamo impegnati adesso a costruire uno scout network che servirà a monitorare giocatori giovani da una squadra di circa 20-25 persone, che lavoreranno sotto la guida di uno di quelli che stanno a Roma”.

Le differenze tra Roma e Siviglia: “Ci sono diverse differenze. Innanzitutto, a Roma c’è un’attenzione maggiore dei media. Si lavora in maniera diversa, ma a livello di pressione e importanza di raggiungere gli obiettivi le squadre sono simili”.

Monchi che ha spiegato il suo obiettivo con la Roma: “Costruire un modello economico sostenibile e stabile, a livello sportivo portare la Roma al massimo livello”. Tra i piani del ds spagnolo c’è anche la crescita delle giovanili: “Il lavoro sulle accademy è l’essenza di un club se vuoi costruire un progetto a lungo termine, quando hai la possibilità di contare su giovani che crescono nel tuo club. Rende il progetto ancora più sostenibile. Loro credono nel club e si identificano nel club. È essenziale per la Roma puntare sui settori giovanili”.

Il piano della Roma sin’ora ha visto la cessione di diversi pezzi da 90: “Si lavora per trovare prima di tutto una sostenibilità economica, che ci permetta di decidere chi vendere e chi comprare. Siamo sulla buona strada, ma non significa che non venderemo nel futuro, vendere non è un male, ma una cosa normale se poi investi in strutture, allenatori e giocatori che ti fanno crescere. Il Barcellona ha venduto Neymar, il Real Madrid ha venduto Ronaldo, la Juventus ha venduto Pogba o Higuain. Le società devono essere capaci di reinvestire i soldi“.

Anche la costruzione dello stadio, inficia sul lavoro di Monchi: “Molto, sarà un’importante fonte di ricavi e farà crescere il brand della squadra, dando al club la possibilità di investire più soldi per raggiungere i massimi livelli del mercato internazionale”. Un colpo sfumato è quello di Malcom, con Monchi che scherzando ammette: “Dovevamo abbattere il satellite che ha messo in comunicazione Barcellona e Bordeaux (ride, ndr). Non potevamo fare di più, il giocatore era pronto per arrivare a Roma, era tutto organizzato anche per fargli raggiungere la squadra negli States. Anche le visite mediche erano pronte”. Una motivazione in più in vista della gara contro il Barcellona: “Dopo 20 anni nel giro ho imparato che a volte si vince e a volte si perde. Molto meglio avere amici che nemici”

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