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Cardinale: “Per anni non sono stato interessato al calcio europeo, poi 5-6 anni fa…”

Gerry Cardinale, patron del Milan e uomo cardine del fondo RedBird Capital che il club rossonero lo ha acquistato, ha preso parte nei giorni scorsi al panel “Sloan Sports Analytics Conference” al MIT dove ha parlato di visione futura per il calcio italiano, per la società milanista e per gli investimenti che ci saranno nei prossimi anni. Queste le parole

CANOTTAGGIO – “Proprio come Steve (Pagliuca il neo co-proprietario dell’Atalanta, ndr) ero alto solo 1metro e 80 e nel canottaggio non è abbastanza. Quello che impari col canottaggio è che è più una questione mentale che fisica. Questo mi ha instradato verso il mondo della finanza e di Wall Street”. 

BOLLA SPECULATIVA – “Il valore dei club? Siamo decisamente in una bolla, ma non è di certo qualcosa di nuovo. Penso che siamo in una bolla da un po’ di tempo. Già qualche anno fa dopo alcune vendite di club (di football americano, ndr) pensavo che il valore non potesse crescere rispetto alla cifra di acquisto, ma invece guarda dove siamo ora. Da una parte dico che siamo in una bolla già da un po’, dall’altra parte è un fenomeno (il valore dei vari club, ndr) che continua a crescere. La domanda da farsi è “perché è così?”. Non mi fa impazzire questa cosa, è un’idea facile che sto iniziando a sentire e che riguarda sempre il concetto di sport come “asset class” e direi, almeno dal mio punto di vista, che nel momento in cui si inizia a parlare di sport come “asset class” tutti devono fermarsi un attimo e dire: “Aspettate, cosa sta succedendo?”. È come se si guardasse all’ultima operazione e ci si mettesse sopra un margine di profitto. Queste cose potevano funzionare 20 o 25 anni fa. Oggi si tratta di asset multimiliardari per l’intrattenimento di eventi dal vivo e credo che debba esserci un po’ più di rigore nel concetto con cui questi asset vengono comprati a un multiplo del fatturato annuale. Penso che anche questo sia un po’ preoccupante, questi asset dovrebbero essere comprati a un multiplo del flusso di cassa annuale e questo è l’investimento che cerco di fare quando guardiamo a queste cose, che è quello di sapere se si può lavorare per ottenere profitto su un pagamento eccessivo e deve essere guidato dal flusso di cassa”.

IL CALCIO – “La mia “euforia” riguardante il calcio europeo è relativamente recente. Per anni non sono stato interessato. Il mio modello di business, parlando di sport, è sempre stato sugli affari intorno allo sport, creando partnership con i vari detentori di diritti e creando imprese con valore terminale intorno a questi diritti. È iniziato con gli Yankees, poi con i Dallas Cowboys, poi con l’NFL. Cinque o sei anni fa ci siamo chiesti: “Perché non pensiamo di integrarci verticalmente e di diventare noi stessi detentori di diritti?”. Farlo negli Stati Uniti è difficile a causa delle restrizioni per i fondi d’investimento a capitale istituzionale, mentre in Europa non ci sono. In Europa però c’è il calciomercato e la possibilità di retrocedere. Quando vedi che c’è un ecosistema che attrae Stati sovrani ed oligarchi devi chiederti cosa stai facendo”. 

MONEYBALL – 
“Devo dare credito a Billy Beane, è stato quello che mi ha “educato”. È stato nel calcio europeo per 20 anni e mi ha detto che non stavo guardando alla situazione nel modo giusto. Dovevo approcciarmi al calcio europeo con la mentalità da “Moneyball”, che dice che non c’è bisogno di sacrificare il livello delle performance sul campo per il flusso di cassa o viceversa. Abbiamo passato 5 anni studiando e imparando. Pensavamo di sapere tante cose riguardo lo sport, ma arrivati qui (in Europa) abbiamo avuto la sensazione di dover fare davvero una full immersion. Ci siamo incontrati con 200 squadre circa in tutti i paesi, abbiamo fatto il nostro primo investimento con il Tolosa, guidato principalmente dai dati”.

IL TOLOSA – “È stato davvero un gran esperimento, il prezzo di partenza era sui 60 milioni di euro, la squadra è retrocessa e l’abbiamo comprata per 15. Il primo anno abbiamo venduto il primo giocatore per 15 milioni e ora siamo in Ligue 1, a metà classifica. È stato un bell’esperimento, abbiamo imparato molto”:

FENWAY E IL LIVERPOOL – “Fenway è stato qualcosa di simile, un passaggio verso un club più grande, e alla fine siamo arrivati all’AC Milan”.

IL MILAN – “Credo che l’AC Milan sia uno dei brand più grandi del calcio europeo. Berlusconi è stato il primo oligarca, è stato il George Steinbrenner dei suoi tempi. Una delle cose che mi sorprende è che il Milan è il secondo club per Champions League vinte dopo il Real Madrid, non ne ero a conoscenza. È un asset non sfruttato abbastanza per quello che potrebbe essere il suo valore e livello, come la Serie A. Il campionato italiano ha il diritto di sedersi al tavolo dei migliori, così come il Milan ha un posto a questo tavolo. Il nostro lavoro è portarlo lì”.

 “I vantaggi per chi come me e Steve (Pagliuca) che si sono fatti le ossa in questo campo, è di poter portare la nostra mentalità e i nostri metodi in Europa ed essere molto d’aiuto. E c’è bisogno di farlo, perché qui ti stai muovendo in un qualcosa che un po’ somiglia al wild west, non ci sono regolamentazioni sulle proprietà: chiunque può comprare questi asset. E così vedi un allontanamento dell’Inghilterra dal continente, l’aziendalizzazione in Inghilterra rispetto al continente, gli unici due proprietari istituzionali nel continente credo siano RedBird e il Qatar nel PSG”.

DISCIPLINA FINANZIARIA – “So che possiamo controllare ciò che possiamo controllare, quindi sicuramente gestiremo il tutto con un’enorme disciplina finanziaria. Credo molto nel punto di vista di Billy (Beane, ndr), che non dobbiamo sacrificare le prestazioni per il flusso di cassa. Ci sono prestazioni sul campo e prestazioni fuori dal campo e noi possiamo portare molto alla Serie A. Io e Steve (Pagluca, ndr) siamo sia competitors che partner in Serie A. La Premier League è diversa”.

GENERARE VALORE – “Non trattiamo i nostri investimenti sulle squadre in modo diverso da come trattiamo il lato business. Non faremmo un investimento in cui siamo passivi, in cui non abbiamo controllo. Andando a fare questi investimenti abbiamo ovviamente un business plan su come generare “cash flow” e ci basiamo su questo, così come lo facciamo per tutte le altre nostre compagnie”.

I DATI DI ZELUS – “Al giorno d’oggi tutti usano dati. Noi abbiamo una compagnia di data analytics che si chiama “Zelus”. Tutti riceviamo lo stesso tipo di dati, la differenza la fa come li usi. Al Tolosa abbiamo giocatori che arrivano da 18 paesi diversi, e la squadra è stata costruita solo basandosi sull’analisi dei dati, senza scouting. Era un esperimento, e dopo un anno siamo stati promossi in Ligue 1. Ora siamo a metà classifica, stiamo giocando ad un livello che è due volte e mezzo rispetto a quanto abbiamo investito sul mercato. Penso che i dati giochino un ruolo davvero importante, ma in particolare nelle squadre più grandi c’è bisogno di un “modello ibrido” tra uomo e dati”.

LA SUPERLEGA – “Il fenomeno Super League è stato un fallimento. Ci si deve chiedere comunque perché è successo, ed è lo stesso fenomeno che abbiamo avuto negli Stati Uniti in certi campionati. Nel baseball c’è una tensione tra piccolo e grande mercato, così come in MLS. C’è la stessa cosa in Europa, la tensione è fra Premier League ed il resto del continente”.

VINCERE – “Nello sport non puoi comprare i campionati. Mi piacerebbe ovviamente vincere lo scudetto e la Champions League ogni anno, ma se lo facessimo sarebbe contrario a quello che è il nostro lavoro. Il nostro compito è quello di ottenere un ritorno da questo investimento e se ogni anno vincessero sempre gli stessi non funzionerebbe, giusto? Renderebbe la valutazione del tutto diluitiva. Quello che possiamo controllare è ridurre l’incostanza delle prestazioni. La cosa che trovo fenomenale è che un sacco di persone si avvicinano allo sport e pensano che l’obiettivo sia vincere campionati. Ovviamente tutti vogliamo vincere, ma se la guardi attraverso la lente puramente non emozionale di un investitore l’obiettivo è quello di essere performanti in modo costante”.

SERIE A VS PREMIER – “La Super League è una distrazione, dobbiamo concentrarci non solo sull’essere competitivi in Serie A, ma anche su come aiutare la Serie A ad essere competitiva rispetto la Premier League e La Liga. Dobbiamo pensare a come aiutare la Serie A e ottenere il miglior tipo di accordo per la vendita dei diritti televisivi sia nel paese che all’estero per ridurre il gap. E se ci riusciamo allora facciamo del bene a tutto l’ecosistema FIFA, con il continente che riesce ad essere più competitivo nei confronti dell’Inghilterra”.

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