Serie A

Inter, Acerbi: “Voglio restare, quì sto bene”

Nel giorno del suo compleanno Francesco Acerbi, difensore dell‘Inter, classe 1988, ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport:Avremmo dovuto avere 5-6 punti in piĂą. E allora con lo scontro diretto di ritorno ancora da giocare, il distacco sarebbe stato meno duro“.

Acerbi nell’intervista alla Gazzetta: “Non arriverò ad agosto senza conoscere il mio futuro”

Ad Acerbi nell’intervista gli viene chiesto se giocherĂ  ancora nell’Inter nella prossima stagione: “Non lo so, è la veritĂ . Vorrei restare, qui sto bene. Anzi, una cosa la so per certa: non arriverò un’altra volta ad agosto senza conoscere il mio futuro. A luglio voglio sapere dove giocherò. Spero si trovi una soluzione al piĂą presto per il mio riscatto: ho 35 anni, ma sto benissimo fisicamente e mentalmente“.

L’Inter funziona con le grandi ma sbaglia con le piccole: “Prendiamo l’Empoli come esempio: inconsciamente pensi di poterla vincere in qualche modo, ma a volte non basta. E magari ti capita un imprevisto. Nelle gare “secche” c’è una motivazione diversa, ma quella fame dovremmo averla sempre. Se abbiamo la cattiveria giusta, vinciamo: su questo non ho dubbi. A volte, però, ci è mancato un po’ di mordente“.

Su Skriniar: “Sapevamo tutti che aveva un’offerta Psg, ma non ci ha mai detto nulla. E a noi interessava poco… Abbiamo sempre visto l’impegno, questo ci importava. Poi a fine anno sarĂ  un dispiacere vederlo andare via e non sarĂ  facile sostituirlo: i giovani difensori bravi sono pochi e costano, vedi Scalvini“.

La sfida con il Porto: “Se stiamo bene tutti, possiamo essere noi la sorpresa. Il girone ci ha dato fiducia: il Porto è forte e fisico, ma possiamo batterlo. E poi, una volta ai quarti, tutto può succedere: dipende da forma, morale, fortuna. E noi ci arriviamo con Lukaku e Brozo in piĂą“.

Sui due tumori: «Sì, certo. Quando ho avuto due tumori, non me ne fregava niente. Sapevo di sconfiggerli. Ero quasi contento. Lo so, sembra un paradosso, ma ero sfacciato. Dicevo: “Ok dai, affrontiamoli”, come una partita. Mi ripetevo: “Non ho paura”. Ma poi ho capito che è impossibile non averne. In realtà, la nascondevo, la tenevo dentro. Adesso ogni tanto penso: “E se il tumore torna? Se arriva una terza volta?”. Se dovesse succedere, sarà un’altra sfida da vincere. In fondo, sono cresciuto sfidando mio padre… Volevo fargli vedere fin dove ero capace di arrivare. Morì a febbraio, pochi mesi prima del mio passaggio al Milan nel 2012. Dopo la sua morte mi sentii svuotato, il calcio aveva perso significato. Da lì è iniziata la discesa: ero arrogante, gli scarsi erano sempre gli altri. Fino alla malattia, appunto…».

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