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Cosa sarà (forse) il Napoli di Ancelotti: maneggiare con cura

Da poco più di ventiquattr’ore, Carlo Ancelotti è il nuovo allenatore del Napoli. Con un’operazione a dir poco sorprendente da molti punti di vista, Aurelio De Laurentiis ha – nel breve volgere di poche ore – chiuso il triennio griffato Sarri e inaugurato un nuovo ciclo. Mentre già si rincorrono le prime voci di mercato, più o meno fondate, si pone una questione fondamentale: cosa sarà il Napoli di Ancelotti?

A cura di Francesco Maria Romano

Non sarà un Benitez-bis

Malgrado le numerose analogie con l’ingaggio del tecnico spagnolo (palmares e spessore internazionale), l’approdo di Ancelotti al Napoli rappresenta un momento profondamente diverso. Ed è facile capire perché: al primo si chiedeva esplicitamente di superare il modello ‘monodirezionale’ di Mazzarri per proiettare la squadra verso una dimensione più ampia, internazionale. Benitez, sfruttando capacità personali e contingenze favorevoli (in primis, una liquidità fino ad allora mai avuta a disposizione dal club), pose le basi per un nuovo Napoli. Su tali basi, Sarri ha agito da ‘rifinitore’, amplificando le potenzialità del gruppo di buoni attraverso la propria idea – e il proprio ideale – di calcio. Dopo un triennio di crescita reciproca, l’era del ‘sarrismo’ partenopeo si è conclusa. La palla passa ad Ancelotti. Non sarà un Benitez-bis perché non c’è un Napoli da reinventare e, mercato permettendo, non c’è un’ossatura da ricostruire. Inoltre, non c’è una dimensione europea da conquistare o acquisire: i partenopei – impegnati ininterrottamente nelle coppe europee dal 2010 – hanno già una caratura che va al di là dei confini nazionali. E a confermarlo è stato lo stesso Ancelotti, accettando di sedersi al tavolo delle trattative con De Laurentiis, pochi mesi dopo aver gentilmente declinato la possibilità di allenare nientemeno che la Nazionale Italiana.

Comunque vada, non sarà un Sarri-bis

L’eredità di Sarri (in qualunque modo la si voglia quantificare) rappresenterà un referente primario nel momento in cui si andrà a ‘pesare’ la gestione Ancelotti. Certe vette di gioco toccate dal Napoli durante gli ultimi tre anni rappresentano uno standard assai elevato ma, su questo punto, bisogna uscire da un equivoco: non esiste un solo modo di giocare bene a pallone. Il calcio professato da Sarri, che all’ombra del Vesuvio ha trovato la sua massima espressione, si fonda(va) su equilibri sottilissimi, su automatismi da orologeria ma anche – se non soprattutto – su di una forma fisica e mentale rasente la perfezione. Modellato in una forma senza tempo, il ‘sarrismo’ è anzitutto un atteggiamento idealistico verso il gioco ovvero, l’idea prima del gesto e il reparto prima del singolo. Ancelotti rappresenta, invece, un modello diverso. Il lascito del ‘sarrismo’ (la propensione al palleggio e al dominio del gioco) gli farà di certo comodo ma ciò non toglie che il suo Napoli svilupperà uno spartito tattico differente – benché mi renda conto che, con tre mesi di calciomercato ancora da venire, fare considerazioni del genere possa sembrare affrettato – che potrebbe derivare anche da un’impostazione strutturale più muscolare e un po’ meno agile. In altre parole, potrebbe nascere, nei prossimi mesi, un Napoli più estemporaneo, già ‘pronto’, meno progettuale dei precedenti. Un po’ meno Rococò e un po’ più Neoclassico.

Il ruolo di Carlo nel Napoli che verrà

Ancelotti dovrà farsi carico di due ruoli diversi ma parimenti cruciali nel corso della sua avventura nella città di Partenope: gestore e parafulmine. La prima ricade nell’ambito tecnico: se la proprietà farà uno sforzo sul mercato incrementando la qualità della rosa (leggi: riserve), lo farà anche in virtù del fatto che Ancelotti non avrà problemi a mettere in atto una gestione meno severa delle risorse tecniche, nell’intento di valorizzare gli investimenti sul mercato e di reggere con più forza l’onere del doppio impegno stagionale. In aggiunta, l’ex Bayern Monaco è un tecnico stimato che gode di quella che, con un’espressione non proprio lusinghiera, si definisce ‘buona stampa’. Quella che Sarri non ha mai avuto. Il toscano, in virtù di una schiettezza ammirevole ma talvolta controproducente, ha prestao il fianco a scaramucce mediatiche di vario genere, che hanno alimentato l’immagine ingenerosa di un tecnico eccelso sul campo ma un po’ “grezzo” davanti ai microfoni. Con Ancelotti, il Napoli può – anzi dovrà – migliorare il proprio status mediatico, restituire all’esterno un’immagine serena ed autorevole di sé, che poggi sulle spalle (larghe) di un tecnico di calibro mondiale.

Maneggiare con cura

Il Napoli, scegliendo Ancelotti, ha fatto un grande investimento per il proprio immediato futuro. Al contempo, si è esposto con una clamorosa dichiarazione di intenti ponendosi un obiettivo chiaro: vincere. Nel calcio, però, le vittorie difficilmente si pianificano. Il Napoli continua a crescere ma a questo punto si trova di fronte ad un bivio: fare scelte coerenti con la nomina di Ancelotti, e quindi alzare ancora di più l’asticella (ossia aumentare lo sforzo economico) oppure restare nel limbo del secondo Benitez, quando il processo di crescita venne stroncato da un mercato fallimentare. Quel che già adesso appare chiaro è che il monito per De Laurentiis e Giuntoli recita “maneggiare con cautela”: le scelte dei prossimi mesi saranno cruciali nel determinare la direzione del Napoli che verrà.

A cura di Francesco Maria Romano

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